Di amazzoni, donne forti ed eroine Young Adult

Tra gli addetti ai lavori, il sottogenere Young Adult è spesso portato a modello di un rinnovato interesse verso l’eroismo declinato al femminile. Le protagoniste dei romanzi che hanno contribuito alla fortuna dello YA sono descritte come donne forti e determinate, indipendenti e volitive, in grado di imbracciare le armi per difendere la propria libertà individuale da una società dittatoriale e assolutista. Queste eroine hanno contribuito a creare un modello molto specifico di “donna forte”. Se da una parte va attribuito allo YA il merito di aver portato alla ribalta le potenzialità di un personaggio di genere femminile in un genere tradizionalmente riservato a uomini, dall’altra ha riesumato un archetipo femminile del pantheon greco-romano che speravamo scomparso: quello delle donne amazzoni.

Breve storia di quattro antichi archetipi femminili

In un articolo precedente, avevo discusso la differenza che intercorre tra i termini clichè, topos e archetipo; definendo infine quest’ultimo come frutto di una “coscienza o consapevolezza recuperata”. Il recupero di un archetipo dalla memoria collettiva comporta il riemergere di altre informazioni archetipiche, in un processo di rielaborazione che ci rimette a contatto con le nostre radici culturali. Questo processo di decodifica non rappresenta soltanto un legame formale con il nostro passato comune: comporta il riemergere di interi sistemi di valori. Gli archetipi, come vecchie divinità in attesa, sono potenti quanto pericolosi – potenti, perché con poche parole possono evocare spazi infiniti; e pericolosi, perché hanno dalla loro la persuasività dei secoli.

I più pericolosi (nonché pervasivi) archetipi femminili della storia occidentali sono quattro, e prendono il nome da altrettante divinità del pantheon greco-romano:

  • La donna venusiana. È la donna sensuale, la femme fatale che trova la propria identità e autonomia nella sfera dell’eros. È amata e venerata da stuoli di uomini per la sua avvenenza.
  • La donna minervica. È la donna cerebrale, che nell’amore cerca una sintonia mentale e vive l’eros nelle sue forme più frenate, contorse e perverse.
  • La donna giunonica. La donna che trova la propria realizzazione esclusiva nella maternità. Vive i suoi rapporti con generosità gratuita, senza paura di sacrificarsi per la propria famiglia.
  • La donna artemidea (le amazzoni). Una donna atletica, muscolosa, con caratteristiche di forza e sensualità tipicamente associate a uomini. Il suo carattere è chiuso e sdegnoso, in grado di invertire i tradizionali rapporti di forza e dominare il partner sessuale.

La donna artemidea e le eroine YA

Le eroine YA hanno molto in comune con l’archetipo delle amazzoni. Sono giovani, belle. Hanno doti atletiche che permettono loro di gareggiare con i loro compagni maschi, se non addirittura di superarli. Sono combattenti (e risolvono i propri conflitti con le armi, invece che con il dialogo). Rifiutano il posto che è stato preparato per loro dalla società – la maternità, l’appartenenza a un gruppo.

Ai margini del mondo greco civilizzato vivono le Amazzoni di cui fa menzione Omero. L’epiteto che ne descrive icasticamente quanto ambiguamente la natura (sono dette antianeirai) le presenta ‘forti come gli uomini’ ma implicitamente anche loro ‘nemiche’: si tratta fin dalle origini di un paradosso. Come guerriere combattono gli uomini, ma come donne confermano la differenza sessuale annullata in realtà dal loro essere guerriere. (…) Sono vicende antichissime, dunque, che costituiscono già una preistoria per gli aedi omerici e che parlano di una minaccia (quella dell’esercito femminile guerriero) che si perde nella notte dei tempi, e quindi di una potenziale prova per dimostrare un primato tutto maschile: una prova superata nei fatti da eroi, quali Bellerofonte, Eracle, Teseo, in grado di vincere e di affermare la propria eccellenza.

Angela M. Andrisano, “Il mito delle Amazzoni tra letteratura e attualità” (Annuali online di Ferrara, 2006)

Ascesa e caduta della regina delle Amazzoni

Non si può citare le amazzoni senza dire di Pentesilea, regina delle Amazzoni, che venne in soccorso di Troia alla morte di Ettore e trovò la morte per mano di Achille. Il quale, dopo averla uccisa, ne violò le spoglie e infine, non potendo tollerare il disprezzo suscitato dal suo gesto nei suoi compagni greci, si sbarazzò del cadavere gettandolo nel fiume Scamandro. L’autrice tedesca Christa Wolf dedica pagine straordinarie al destino di Pentesilea, archetipo di sé stessa. 

Chi era Pentesilea. È chiaro che né io ho reso giustizia a lei, né lei a me. Occhi e lingua taglienti, per me era un pochino troppo netta. Ogni sua apparizione, ogni sua frase una sfida per chiunque. Tra noi non cercava alleati. Combatteva non solo contro i greci: contro tutti i maschi. Vidi che Priamo ne aveva paura e che Eumelo la circondava di uno spesso cordone di sicurezza. Ma in modo più impenetrabile di qualsiasi sistema di protezione la circondò il brivido d’orrore della gente comune per la sua intransigenza.

Lo sospettavamo, ma la maggior parte non voleva saperlo: aveva alle spalle quello che noi avevamo ancora davanti. Meglio morire combattendo che essere rese schiave, dicevano le sue donne, che teneva tutte in pugno, aizzava o placava con un cenno, come voleva. Dominava come solo un re. Quelle femmine avevano ucciso i propri mariti, sussurravano inorriditi i bravi troiani. Esse erano mostri con un solo seno, l’altro se l’erano bruciato in tenera età per usare meglio l’arco.

Poi apparvero a busto scoperto nel tempio di Atena, con i loro bei seni nudi e con le armi. Anche Artemide, esse dicevano–così chiamavano Pallade Atena–porta il giavellotto; non desidera che andiamo da lei disarmate.

Christa Wolf, “Cassandra”
Achille uccide Pentesilean, regina delle Amazzoni.

Pentesilea porta alle estreme conseguenze l’archetipo artemideo. Per opporsi al principio maschile, diventa essa stessa maschio. La sua trasformazione è consapevole, autodistruttiva.

Il mondo abitato, fin dove ci era noto, si era rivoltato contro di noi sempre più crudelmente, sempre più velocemente. Contro noi donne, disse Pentesilea. Contro noi esseri umani, ribatté Arisbe.

Pentesilea: I maschi saranno soddisfatti.

Arisbe: Chiami esser soddisfatti il loro ridursi a macellai? 

Pentesilea: Sono macellai. Infatti, fanno ciò che li diverte. 

Arisbe: E noi? Se diventassimo macellaie anche noi? 

Pentesilea: Noi infatti facciamo quello che è necessario. Ma non ci diverte. 

Arisbe: Dovremmo fare quello che fanno loro, per mostrare la nostra diversità! 

Pentesilea: Sì. 

Enone: Ma così non si può vivere. 

Pentesilea: Non vivere? Morire sì. 

Ecuba: Bambina. Tu vuoi che tutto abbia fine

Pentesilea: Lo voglio. Perché non conosco altro mezzo perché i maschi abbiano fine.

Christa Wolf, “Cassandra”

La fine di Pentesilea è tragica quanto inevitabile. L’archetipo dell’amazzone non è conciliabile con un vissuto normale, con una realtà di pace: come Pentesilea, anche le eroine YA trovano la loro dimensione umana nello scontro. Ma quando gli Hunger Games sono terminati, cosa rimane? 

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