All’intersezione tra fantasy ed ecologia: ecofantasy
Il fantastico ha una particolarità che viene spesso messa in secondo piano rispetto a caratteristiche più evidenti, quali la sua relazione con il meraviglioso, il potenziale eversivo, il suo legame con l’evasione. Si tratta della possibilità del fantastico di dare voce a soggettività non umane.
La narrazione realista può indagare ogni aspetto dell’esperienza umana, raccontare ogni vita e scavare nel particolare fino ad arrivare all’universale. È una grande ricchezza: ma l’essere umano è solo una parte, a dire il vero infinitesimale, del nostro mondo. Da oltre duemila anni in Occidente si insegna che l’essere umano è il pinnacolo della creazione, e questo sguardo singolarizzante ha contribuito a isolarci dal resto del creato, con conseguenze dolorose la cui portata cominciamo a vedere solo ora.
Abbandonare lo sguardo antropocentrico, portando sotto la lente d’ingrandimento altri elementi del reale, sposta inevitabilmente la narrazione nel campo del fantastico. Fantasy, fantascienza, horror e weird forniscono validi strumenti per immergersi in storie radicalmente differenti, in cui l’essere umano, se compare, è semplice comprimario. Studiare questo tipo di storie è compito dell’ecocritica.
Ecocritica
Chiamiamo ecocritica una forma di critica letteraria interdisciplinare interessata ad esaminare opere contenenti il rapporto tra uomo e natura, la presenza di soggettività non umane e la rappresentazione di scenari di crisi ambientale.
Da questa definizione possiamo capire che l’ecocritica abbia legami con la climate fiction, una delle branche della fantascienza. La climate fiction (cli-fi in breve) è un sottogenere dagli antenati illustri, salito agli onori di cronaca solo di recente – e non nella sua forma migliore. Ultimamente la cli-fi è stata assorbita dalla distopia, fornendo una semplice scenografia per la catastrofe dell’uomo bianco borghese. Hollywood ha calcato ulteriormente la mano, proponendo film in cui le cause della crisi climatica sono semplificate e mistificate. Perciò molta critica ritiene che la letteratura dell’immaginario stia fallendo, incapace di raccontare la crisi climatica in corso. Su questo punto torneremo in seguito.
Il legame dell’ecocritica con la cli-fi è il più evidente, ma l’ecocritica può trovare argomenti d’interesse nel fantasy, e in particolare in opere in cui l’ecologia ha un ruolo centrale.
Ecologia fantastica
Poiché l’ecologia si occupa di studiare le interazioni tra essere umano, ambiente e altri organismi, ne consegue che la gran parte del fantasy può considerarsi un laboratorio di ecologia sperimentale. Questo è particolarmente vero per fantasy ambientati in Mondi Secondari, in cui ciascuno di questi elementi (umani, flora e fauna, condizioni ambientali) è stabilito a tavolino. Ma lo è altrettanto per storie in cui creature non umane vagano per ambienti a noi noti, modificandoli al proprio passaggio.
In effetti, potremmo spingerci a dire che il rapporto uomo-mondo sia uno dei cardini della narrativa fantasy: la capacità di intervenire sull’ambiente in modi impossibili nel nostro quotidiano è appunto ciò che chiamiamo magia.
Abbandonare lo sguardo antropocentrico
Il fantasy si trova quindi in una posizione ideale per sviscerare questo rapporto, e per farlo privilegia tre modalità:
- Indagando la relazione tra mondo antropico e naturale,
- Ideando creature non-umane,
- Dando voce al mondo animale o vegetale.
La relazione tra mondo antropico e naturale non è sempre pacifica: ne è un esempio lo scontro tra Ent e progresso industriale in “Le due torri” di Tolkien. Questa visione conflittuale è la più rappresentata nel fantasy, anche se iniziamo a vedere narrazioni alternative con l’emergere della letteratura postmoderna.
Gli Ent, guardiani della foresta e incarnazioni del mondo naturale, sono uno splendido esempio di come il fantasy possa dare voce a soggettività non-umane. Non sono l’unico, e di certo non il più popolare: questo primato va senz’altro a teriantropi, mutaforma e creature liminari. Sono sirene, centauri e lupi mannari gli abitanti della soglia tra mondo umano ed animale. Essi incarnano il dualismo uomo-natura, pacificando uno dei conflitti (anche narrativi) più longevi della nostra Storia collettiva.
L’ultimo passo è abbandonare completamente l’elemento umano, e dare voce ad altri organismi in quanto tali. Il fantasy consente di avere come protagonisti animali, vegetali, persino oggetti inanimati. Mettendone al centro le istanze, inevitabilmente cambiamo prospettiva.
Il fantasy può raccontare la crisi climatica?
A questo punto non ci resta che tornare alla domanda che avevamo lasciato aperta poco sopra. Con le premesse che abbiamo discusso, è evidente che il fantastico tutto ha tutti gli strumenti per poter raccontare in modo efficace la crisi climatica. È forse la sfida narrativa del nostro tempo, ma una che dobbiamo assolutamente accogliere: siamo creature che necessitano di storie per comprendere il mondo.
Tuttavia, per portare a termine questo compito, dobbiamo correre il rischio di includere all’interno della narrazione la voce del mondo naturale. Dobbiamo discostarci dall’eroismo singolare tanto caro alla filmografia catastrofista, e pensare a storie che raccontino punti di vista e bisogni molteplici.
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