Empatia: leggere ci rende persone migliori?
Negli anni ‘80 e ‘90 un team di ricercatori italiani guidato da Giacomo Rizzolatti cambiava per sempre il mondo delle neuro-scienze. Erano appena stati scoperti i “neuroni a specchio”, responsabili della comprensione delle emozioni altrui e dell’empatia (ovvero la capacità di condividere emozioni e sensazioni altrui). Negli anni lo studio della cosiddetta “intelligenza emozionale” si è evoluto e, cosa più importante, abbiamo iniziato a trovare conferma del fatto che l’empatia possa essere appresa ed educata.
Emotional intelligence can be developed. The process begins with self-awareness, enhanced through self-care behaviors, such as exercise and journaling. Reading popular self-help literature also can improve self-awareness. (…) The final step is the development of empathy. This is the active step using the knowledge developed in the prior two stages. Through discipline and effort, an individual can learn to actively listen to others. This type of listening fosters empathy.
[L’intelligenza emozionale può essere sviluppata. Il processo inizia con la consapevolezza di sé, accentuata dalla cura di sé, per esempio attraverso l’esercizio fisico o il tenere un diario. Anche la lettura di libri di auto-aiuto può migliorare la propria consapevolezza di sé. (…) Il passo finale è lo sviluppo di empatia. Questo è reso possibile applicando la conoscenza sviluppata dai due stadi precedenti (consapevolezza di sé e attenzione agli altri, N.d.T.). Con lavoro e disciplina un individuò può imparare ad ascoltare con attenzione gli altri. Questo tipo di ascolto promuove l’empatia.] (1)
Secondo i risultati di Reeves, attività fisica, lettura e scrittura sono attività che ci permettono di conoscere meglio noi stessi. Una volta raggiunto un maggiore livello di consapevolezza di sé, gli stessi meccanismi vengono utilizzati per capire il comportamento degli altri.
In un articolo dal titolo “Potentiating Empathie Growth: Generating Imagery While Reading Fiction Increases Empathy and Prosocial Behavior” (2) un team di ricercatori ha studiato il comportamento di un campione di 98 individui per provare se esista un rapporto di causa-effetto tra narrativa e sviluppo empatico-morale. Sebbene difficili da generalizzare, i risultati dello studio sono inequivocabili:
Individuals trained to generate imagery while reading felt significantly more affective empathy for the story’s characters. In addition, the degree to which an individual was transported into the story fully accounted for the increases in affective empathy. Finally, it appears that empathic growth while reading a story demonstrating prosocial behavior can lead to increases in prosocial behavior. Individuals who were trained to generate imagery while reading were over 3 times more likely to exhibit immediate and real-world prosocial behavior. (…) Imagery is a crucial prerequisite for the ability to project oneself into a story and therefore develop empathy while reading. The results indicated that training readers to generate more imagery while reading led to simultaneous increases in imagery, cognitive engagement, and emotional impact. This indicates that simulation while reading is a multifaceted experience, cutting across emotional and cognitive domains.
[Individui allenati a generare immagini durante la lettura provano molta più empatia nei confronti dei personaggi della storia. Inoltre, il grado di immersione nella storia da ragione dell’aumento di empatia affettiva. Infine, sembrerebbe che la crescita empatica che avviene durante la lettura di una storia contenente comportamenti positivi comporti un aumento dei comportamenti positivi stessi. Individui allenati a fantasticare presentano probabilità 3 volte maggiore di manifestare immediatamente comportamenti positivi nel mondo reale. (…) L’immaginazione è un prerequisito indispensabile per proiettarsi all’interno di una storia e quindi sviluppare empatia durante la lettura. I risultati indicano che abituare i lettori a creare immagini mentre leggono comporta un aumento di fantasia, coinvolgimento ed impatto emotivo. Questo indica che la simulazione durante la lettura è un’esperienza sfaccettata, che trascende la sfera emotiva e cognitiva.]
Insomma, sembrerebbe che leggere buoni libri ci renda persone migliori – ma attenzione, perché lo stesso studio riporta che empatizzare con comportamenti negativi abbia il medesimo effetto nel mondo reale. Allo scrittore responsabile il compito di tirare le somme.
Abbiamo già discusso in un post precedente i nuovi veicoli del libro, e quanto questi dipendano da immagini e contenuti multimediali. Avevo chiuso l’articolo con una provocazione: queste nuove forme di comunicazione saranno al pari della lettura nel consentire la crescita emotiva ed emozionale di chi ne fruisce?
Le mie preoccupazioni non sono, purtroppo, infondate. Già in un articolo del 2015 apparso su Psychology Today veniva fatto notare come il cervello faccia molto più esercizio leggendo che guardando un video, dal momento che la prima attività richiede un livello di attenzione prolungato e sforzo cognitivo maggiore. La lettura è attiva, la visione passiva – questo perché leggere richiede la creazione di una “voce interiore”: non è un processo automatico, ma avviene quando processiamo attivamente il testo scritto.
Grafica accattivante e video rappresentano forse il futuro dell’editoria, ma potrebbero portare a un pericoloso impoverimento emotivo nei lettori. Non è un rischio che possiamo correre: per questo abbiamo bisogno di scrittori, editori e lettori consapevoli.
(1) A. Reeves (2005), “Emotional intelligence: recognizing and regulating emotions”, AAOHN 53(4), 172-176.
(2) D. R. Johnson et al. (2013), “Potentiating Empathie Growth: Generating Imagery While Reading Fiction Increases Empathy and Prosocial Behavior”, Physicology of Aesthetics, Creativity and the Arts 7(3), 306-313]
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