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Raccontare l’orrore: Gaza, i bambini e il linguaggio fantastico

Il fantasy non consola: traduce l’indicibile in immagini che i bambini possono comprendere senza smarrire la verità.

Due anni fa ho portato mia figlia Ginevra, allora di cinque anni, a un evento a Milano. Nella cornice del BAM Circus, lo spettacolo di chiusura doveva essere una esibizione di marionette giganti piena di magia e divertimento. Invece, metteva in scena la storia di un bambino naufrago nel Mediterraneo: dal giorno del suo compleanno, segnato dallo scoppio della guerra nel suo paese e dalla morte dei genitori, alla fuga insieme a sconosciuti verso un approdo in pace, fino al barcone che affondava.

La storia era raccontata attraverso i movimenti di una marionetta di legno alta otto metri, accompagnata da immagini che sembravano disegnate da un bambino. Le luci rosse, forti, spaventose, la musica ritmata e cupa, amplificavano la tensione. Per un lungo tratto, la marionetta cercava invano di raggiungere un pacco regalo, intrappolata nel limbo di quel giorno di festa in cui aveva perso ogni cosa.

Ginevra ne rimase profondamente turbata. Aveva mille domande (e ancora oggi ritorna sovente sull’argomento). Ciò che pensavo fosse uno spettacolo di marionette magico e poetico, si rivelò un racconto durissimo, non adatto a un pubblico così giovane. Da lì è nata la mia riflessione: non esiste un modo più adatto per raccontare gli orrori ai bambini, come quelli che oggi avvengono a Gaza, senza tradire la verità?

Ho cercato la risposta, come spesso accade, in ciò che mi è familiare: il fantasy.

Il fantasy non è evasione, non solo. È da sempre un linguaggio politico, che trasforma strutture di potere e oppressione in simboli narrativi: mostri che divorano, regni oscuri che annientano, città che cadono, magie custodite come scintille di resistenza.

Non serve mostrare il sangue per raccontare la violenza; non serve occultarla per proteggere. È nella metafora che si apre un linguaggio di verità accessibili ai più piccoli.

Non è un caso se opere come “La storia infinita” hanno trovato nel Nulla la metafora dell’annientamento culturale, o se “Il piccolo principe” ha saputo raccontare la guerra attraverso simboli lievi eppure indimenticabili. Sono esempi di come il fantastico sappia nominare l’indicibile senza svuotarlo di senso.

Parlare del genocidio in atto a Gaza – delle guerre e della violenza in generale – attraverso il fantastico non significa edulcorare. Significa costruire immagini che permettano di riconoscere il male senza rimanerne schiacciati. Un drago che incendia la terra può raccontare l’occupazione. Un seme custodito da un bambino può diventare promessa di memoria e ritorno. Una chiave perduta può racchiudere la storia di una casa che esiste ancora, anche se invisibile.

Noi adulti siamo i primi ad avere necessità di un qualche tipo di filtro per poter continuare a respirare in questo momento storico, per cercare di digerire la quantità assurda di violenza che ogni giorno scorre sui nostri schermi, per dargli un nome, una categorizzazione tale da non lasciarci inermi, ma poterci scuotere e muovere verso l’azione. Perché per i più piccoli dovrebbe essere diverso?

Ecco allora un filtro, un metodo, non una favola, per aiutare a trattare questo tema:

  1. Tradurre, non censurare. Non negare ciò che accade, ma spostarlo in immagini simboliche. La guerra può diventare un mostro, l’occupazione un’ombra che divora.
  2. Scegliere oggetti-simbolo. Chiavi, semi, mappe, case viventi: oggetti semplici che incarnano memoria e speranza, accessibili all’immaginazione infantile.
  3. Affiancare al dolore la speranza. Mai solo distruzione: sempre un gesto di cura, resistenza, un legame comunitario che mostra che l’ingiustizia non è onnipotente e può essere fermata.
  4. Rispettare i tempi. Lasciare spazio alle domande. Non ci sono risposte definitive: l’immaginazione deve restare aperta, capace di generare senso nel tempo.
  5. Evitare l’edulcorazione. Non trasformare la tragedia in favole rassicuranti. Meglio mostrare il dolore in forma metaforica che negarlo del tutto.

Se scegliamo di raccontare il genocidio, la guerra e la violenza, non lo facciamo per consolare. Lo facciamo per fornire alle nuove generazioni il potere dell’immaginazione come arma contro l’oblio.

Se anche tu hai a che fare con i più piccoli – ti va di condividere con noi le storie, fiabe o immagini che usi per raccontare questi temi ai bambini? Scrivici: insieme potremmo costruire una piccola bibliografia utile per tantə.


Eventi

Ottobre rimane un mese affollato di eventi, a seguito del quale rallenteremo un po’. Ecco dove potremo incontrarci nel prossimo futuro:

  • 11 ottobre, h10:30 (Festival Stranimondi, Milano) – “L’ecoansia tra climate fiction ed ecofantasy”. Dialogheremo con Flavia Vetere, Bookblogger laureatasi con una tesi dedicata alla climate fiction.
  • 11 ottobre, h18:00 (Festival Stranimondi, Milano) – “Avevi ragione, mamma – Uno sguardo tra horror e maternità”. Gloria Bernareggi presenta la novella di Roberta Poggio, edita Eris edizioni.

Stranimondi resta il più importante appuntamento per il fantastico in Italia, quindi se non l’avete ancora fatto andate a studiarvi il programma.

  • 25 ottobre, h10:30 (Festival “Libri in Nizza”, Nizza Monferrato) – “Letteratura fantastica: dal mito alla realtà narrativamente aumentata” Con Massimo Scorsone, Silvia Valisone, Michele Bellone, Sephira Riva, Massimo Soumaré e Sandrone Dazieri. Modera da Carlo Francesco Conti. In collaborazione con Scuola Holden.

Scritture

Qui c’è poco da dire: il giro di editing e correzione di bozze per la seconda edizione di “Anatomia del Fantasy” ci ha levato la pelle. Abbiamo dovuto disintossicarci dalla scrittura per le settimane successive alla chiusura del dattiloscritto, in un clima non facilissimo per la nostra salute fisica e mentale.

In mezzo per fortuna ci sono state anche cose belle, come aver partecipato al ballo fantasy organizzato dallə amicə di “La Corte dei Sogni”. Non possiamo non ringraziare Ilaria e Alex per aver creato un ambiente così positivo e accogliente!

Non è sempre chiaro chi sia la fata e chi la strega, le apparenze potrebbero ingannare…

Speriamo di tornare presto alle storie che con pazienza ci stanno aspettando, ma per il momento dobbiamo riprenderci e tornare a innamorarci del gesto di mettere le parole su pagina.


Letture & Co.

Sephira: In controtendenza rispetto alle NL precedenti, questa volta vorrei proporvi una serie tv che mi è piaciuta moltissimo, e che mi ha tenuto compagnia nel mese passato (in cui, per i motivi di cui sopra, non ho letto quasi nulla).

La serie tv è “La Revolution”, comparsa su Netflix nel 2020 ma (almeno per quanto mi riguarda) passata del tutto in sordina. Così in sordina che è stata cancellata dopo la prima – e unica – stagione, sebbene sia senza dubbio uno dei prodotti più intelligenti e ben fatti che abbia visto negli ultimi anni. Ne consiglio la visione nonostante il finale scandalosamente aperto, perché è un esempio brillante di come si possa utilizzare la lente del fantastico per unire in modo nuovo quelli che percepiamo come punti fissi della Storia. Il concept è geniale: immaginate la Rivoluzione Francese, ma con la nobiltà di corte trasformata in zombie-vampiri dediti a divorare il popolo. La storia intesse la lore dei non-morti (immortalità a meno della decapitazione, contagio attraverso il sangue) con la narrativa più propriamente “storica” (conflitto di classe, una nobiltà scollegata dalle necessità del popolo che schiaccia, il bisogno di libertà, uguaglianza e fratellanza). 

La locandina della serie tv “La Revolution”, visibile sulla piattaforma Netflix.

Tutto questo unito a una fotografia che ammicca nelle composizioni alle grandi opere pittoriche di inizio ottocento: una vera chicca.


Grazie di averci seguite fino a qui, e alla prossima!

G&S

Gloria Bernareggi: Digital content creator per lavoro, scrittrice per passione, cuoca e cosplay per hobby. Alla ricerca dello Stargate per viaggiare sempre più lontano.
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