Risorse per una narrativa inclusiva: universo oriente
Ecco un articolo che si è fatto attendere anche troppo. In realtà, una parte di me sperava che non ce ne fosse nemmeno bisogno. Ma era prima che da Wuhan, una metropoli cinese di cui molti noi non avevano mai sentito parlare prima, si sviluppasse, come in cerchi concentrici, una pandemia globale. Era prima che chiudessero i ristoranti giapponesi.
Prima del “non voglio mandare mio figlio all’asilo, c’è una bambina filippina con la tosse…”. Prima che il Presidente Trump iniziasse a chiamare i Covid-19 “Chinese virus”. Prima che dalla comunità cinese residente in Italia partisse lo slogan “Io non sono un virus”.
Sinofobia e altre malattie della comunicazione
La sinofobia non è un sentimento nuovo in Occidente, anche a causa delle manifeste difficoltà di integrazione della comunità cinese nel tessuto sociale locale. Le Chinatown, già percepite come unità scisse dalla circostante realtà urbana, hanno incarnato lo spettro di un nemico infiltratosi tra i nostri ranghi. Con due conseguenze: la prima, quella di rendere ancora più difficile il processo di integrazione delle comunità cinesi presenti sul territorio. La seconda, quello di annullare la diversità dell’esperienza asiatica. Appiattire l’intero universo oriente su di un immaginario pianeta Cina.
[Disclaimer. In questo articolo userò i termini “asiatico” e “orientale” per indicare specificamente gli abitanti di Cina, Giappone e Corea. Un discorso del tutto differente meritano altre etnie del continente (India, Caucaso, Filippine…), che tratterò altrove per ragioni di spazio.]
Di fronte a questa dialettica per opposizione, che sfrutta la paura per fare propaganda, non si può – non si deve – restare indifferenti. Oggi più che mai è compito della scrittura (in primis quella giornalistica) il combattere gli stereotipi e l’assicurare che voci troppo spesso soffocate siano udite. L’essere umano si nutre di storie, ha fame di esperienze altrui e sete di dettagli. È l’interiorizzazione dell’esperienza del prossimo che sviluppa l’empatia. Per questo, abbiamo bisogno ora, oggi, di una narrativa più inclusiva.
Guerra agli stereotipi
Attenzione: aggiungere un* personaggi* asiatico in una storia non è sufficiente a renderla inclusiva (come aggiungere una donna in uno show di soli uomini non risolve il problema della carenza di rappresentazione). Ciò che conta è la sua valenza: se il personaggio inserito è presentato con stereotipi comuni alla sua etnia, la storia li sta rinforzando. Se questo non è ciò che desiderate, la prima cosa a cui fare attenzione è quali siano gli stereotipi che fareste bene ad evitare.
- Il genio. Ovvero, il ruolo dell’attore asiatico in assenza di arti marziali. O di strumenti musicali.
- Il distaccato. L’idea che gli asiatici non amino il contatto fisico e che rifuggano le vistose espressioni di affetto è piuttosto radicata (è anche falsa, soprattutto al termine dell’orario di lavoro). Questo stereotipo è particolarmente dannoso, perché maschera un’idea orrenda: che la non-espressione dei propri sentimenti sia sintomatico della loro assenza.
- Il pessimo autista.
- La donna asiatica con i capelli colorati. Molti autori sembrano convinti che le loro personagge debbano spiccare sul resto del cast – e che i capelli neri e lisci, decisamente connotati se accompagnati da un volto asiatico, non siano “interessanti”. E poi, neanche i capelli neri sono tutti uguali.
We need to shy away from the ‘not like other East Asians’ trope when it comes to description. Creators shouldn’t use colored hair streaks/unnaturally-colored hair as shorthand for actual character development, (…).
Jess in “Writing with color” (Tumblr)
As a lady who also dyes her hair, I take a lot of issue with the ‘even if there’s a good reason for it, you’re contributing to stereotypes’ comment, since there are East Asian girls and women who do dye their hair and put in blue/purple/pink streaks. I agree that the trope shouldn’t be used to make East Asian characters stand out from other East Asians, but at the same time erasing girls and women who do that as playing into stereotypes feels really dismissive here.
Attenzione quindi a non cadere nel problema opposto: negare il sacrosanto diritto di una donna di scegliere se e come vestirsi e truccarsi.
- La Dragon Lady. Riconoscibile per i seguenti attributi: iper-sessualizzata, dotata di un’arma asiatica, aggressiva, infida e/o misteriosa. D’altra parte, queste caratteristiche renderebbero qualsiasi personaggia una macchietta. Basterebbe darle più profondità per risolvere efficacemente il problema. O magari avere più di un’asiatica nel vostro cast, per fornire più possibilità di rappresentazione anche alle vostre lettrici.
- L’asiatico dagli occhi verdi.
The issue with East Asian characters with ‘white’ features, to me personally, is that it feels like they’re added on there to make them stand out to readers so that they’re marked as ‘special’ and not like the ‘other East Asians’ who are usually designated as ordinary and/or boring.
Jess in “Writing with color” (Tumblr)
I mean, East Asians (monoracial and mixed) with atypical coloring do exist, and I don’t advocate erasing them, but it seems to me that there are a lot of these East Asian protagonists with those features to designate them as super special and not like the other East Asians.
And it’s not like variation doesn’t occur with half-East Asian, half-white biracial people either. I’ve seen one with light hair, and I’ve seen a few with blue or green eyes. But most of them usually have dark hair and dark eyes, and that’s great.
Can you write an East Asian redhead? Sure. But you need to take the above into account, and you probably shouldn’t try to make it out as them being special or whatnot (overemphasizing the hair, etc.).
Racism tells us that Asians are interchangeable, that we look the same. So many writers/artists/creators actually reinforce this stereotype by feeling the need to make their Asian characters “stand out” or be unique. Please avoid this at all costs!
Stella in “Writing with color” (Tumblr)
- L’asessuale (o uomo erbivoro).
(…) in media [East Asian men] are often portrayed as the ‘beta male’ who either lose out or have no interest in sex, and if they’re not comic relief, they’re usually geeky retiring types. What you have to remember is that both East Asians and asexual people are both incredibly diverse groups and not a monolith, so do research on both (and how the trope is harmful), and have people from both groups look over your work.
Jess in “Writing with color” (Tumblr)
Quando scrivete personaggi di etnie diverse dalla vostra, è necessario studiare. Fare ricerca, guardare o leggere opere prodotte nella nazione di riferimento, parlare con persone di quell’etnia. Può sembrare una gran fatica, ma ne vale la pena. Il vostro pubblico vi ringrazierà… E il pubblico è una bestia strana. Non è qualcuno che puoi davvero scegliere. Ma puoi scegliere di non offenderlo.
Vi vengono in mente altri stereotipi legati al mondo asiatico che non abbiamo individuato? Scrivetecelo nei commenti!
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