Gravidanza e maternità: gli stereotipi da evitare
Negli articoli precedenti sulla rappresentazione di gravidanza e maternità nella narrativa di genere ci siamo concentratɜ sugli stereotipi e le lacune in cui ci si imbatte maggiormente. Ovviamente ci siamo fermatɜ a quelli per una mera questione di spazio: di seguito riportiamo una lunga lista di altri stereotipi, cliché ed errori con cui una personaggia deve fare i conti.
L’infantilizzazione, gli sbalzi d’umore e i limiti fisici della donna incinta
Questo è il primo stereotipo e forse il primo vero ostacolo che si frappone tra delle personagge incinte e una rappresentanza in narrativa.
Appena una donna si scopre in attesa, viene bollata come incapace delle più basilari funzioni e si trasforma in una creatura irrazionale dominata dagli ormoni. Questo nonostante fino a poco prima della rivelazione fosse una professionista, una luminare nel proprio settore, una donna saggia o una condottiera infallibile.
Un esempio? In Il cuore dell’inverno della saga La ruota del tempo di Robert Jordan, Elayne Trakand rimane incinta e, ogni volta che si passa al suo pov, si viene coinvolti nel suo tentativo di combattere gli sbalzi d’umore mentre è in lizza per il trono del suo paese d’origine.
Oltre all’apparente perdita di razionalità, la donna incinta diventa una bambola di porcellana che facilmente si può rompere. Fin dalle prime settimane, quando gli sconvolgimenti fisici non sono ancora evidenti, viene relegata a letto, diviene incapace dei minimi movimenti a causa di presunti piedi e caviglie gonfie. Se nausea e poco appetito possono anche essere giustificati, lo sono un po’ meno gli svenimenti (evento possibile, ma non così frequentemente come si vuol far credere) e le voglie alimentari capaci di strappare dal sonno terrorizzati compagni alle 3 del mattino.
Uno stereotipo che nel secondo volume di Hunger Games viene utilizzato a proprio vantaggio da Peeta e Katniss, quando finiscono per la seconda volta nell’Arena: fingeranno una gravidanza al primo stadio per ottenere la simpatia del pubblico e degli sponsor. Ovviamente Katniss dovrà starsene tranquilla per un po’ – con un bel bersaglio disegnato sulla schiena con scritto “debole”, “indifesa”.
Queste sono tutte false credenze che un buon saggio, come quello di Piero e Alberto Angela “La straordinaria avventura di una vita che nasce”, potrebbe confutare e far scoprire allɜ autorɜ che, già, forse una donna incinta può sobbarcarsi un viaggio o un’avventura senza tutti quei rischi e complicazioni che si presumeva.
Le gravidanze mistiche
Un altro orrore a cui la narrativa di genere ci ha abituato (a onor del vero in particolare serie tv e film) sono le gravidanze mistiche o magiche. Solitamente si tratta della nascita di un salvatore o un prescelto (il maschile è voluto, la percentuale di salvatrici è risicata) o di un qualche genere di Anticristo oppure un qualche ibrido tra razze soprannaturali.
La magia varia dal concepimento “divino” senza partner, alla velocità con cui si consuma la gravidanza: in questo secondo caso, dopo pochi giorni il concepimento – se non ore – il pancione lievita in maniera spaventosa e il parto è dietro l’angolo, veloce come uno starnuto (ma sempre estremamente doloroso). E spesso anche la morte prematura della madre.
Questa narrazione è nociva perché non concede il giusto spazio all’attesa naturale a cui i genitori hanno bisogno per prepararsi psicologicamente all’arrivo di una nuova vita.
Twilight ne è uno degli esempi: Bella resta incita durante la luna di miele e la sua gravidanza riesce a condensare tutti i punti di cui sopra: la bambina sarà un ibrido, la gravidanza sarà accelerata, sentirà il bisogno di nutrirsi di sangue per “sfamare” la creatura che porta in grembo e il parto sarà rapido (ma non indolore) grazie a un taglio cesareo d’urgenza.
Altro esempio è Shadowhunters: entrambe le gravidanze di Jocelyn vengono alterate da Valentine per ottenere degli ibridi con superpoteri angelici e demoniaci.
Ma parlando di gravidanze mistiche, non dimentichiamoci la serie di Alien, grazie alla quale ogni donna in attesa ha incubi ricorrenti durante i nove mesi di gestazione.
La gravidanza non è una punizione
In diverse opere le personagge vengono punite per le scelte moralmente sbagliate (e qui bisognerebbe vedere per chi) o una vita dissoluta con un’improvvisa e indesiderata gravidanza. Che può essere mistica (again); a seguito di una violenza; il motivo della conseguente rottura di un fidanzamento/matrimonio/rapporto di qualsivoglia tipo con il padre del nascituro o con l’intera comunità.
Ancora una volta, Bella di Twilight con la sua gravidanza incarna perfettamente questo stereotipo.
Non basta che acconsenta a rimanere vergine fino al matrimonio come da desiderio del marito (e la scusante che Edward sia nato agli inizi del ‘900 per questa mentalità è sottile come un filo di seta), non basta essere rimasta incinta di un ibrido umano-vampiro, di dover assumere sangue per proseguire la gravidanza. No, Bella dovrà morire di parto perché innamorata di un vampiro, un essere per natura malvagio, che l’ha evidentemente corrotta. L’unico modo per espiare è partorire con dolore (molto più del normale) e morire.
Anche la sterilità non lo è
Allo stesso modo, è per gli stessi motivi, ci troviamo di fronte a personagge a cui viene deliberatamente tolta la possibilità di procreare per punizione a qualcosa fatto precedentemente.
Un esempio è Daenerys che dopo l’intervento di una strega perderà il figlio concepito con Drogo e la capacità di generarne altri.
Non è solo una vendetta contro le azioni compiute da Drogo in passato, ma è anche una punizione per Daenerys che, dopo diversi dubbi (e stupri), cede al marito.
Un altro esempio è Ophelia della Saga dell’Attraversaspecchi di Dabos. Dopo aver consumato un solo rapporto sessuale – rapporto avuto anche qui solo dopo il matrimonio – Ophelia viene a sapere (del tutto casualmente) di non poter diventare madre. Se crederete che sia una decisione a fine di trama, vi sbagliate: servirà solo a far porre delle domande a Ophelia delle cui risposte non importa né a lei né a noi. Il tutto finirà con una bolla di sapone, lasciando un argomento tanto delicato appeso.
Difficile non credere che sia, ancora una volta, una punizione per aver fatto qualcosa di moralmente sbagliato e ancora una volta legata alla vita sessuale e amorosa della protagonista – una morale che probabilmente è talmente radicata che non era nell’intenzione dell’autrice farla emergere.
Maternità obbligata
Abbiamo visto, nei paragrafi precedenti, che la gravidanza e la maternità non sono sempre volute. Alcune volte sono imposte dal “destino” (vedi autorɜ) o da scelte prese da altrɜ personaggɜ. Alle volte è la società a chiedere e imporre la maternità e non solo con un infinito elenco di sentenze morali, alle volte si è di fronte a delle vere e proprie dittature.
Abbiamo già citato negli articoli precedenti The Handmaid’s Tale di Atwood, ma ci sono molti altri esempi di letteratura di genere dove la donna, o una fetta della popolazione femminile, viene considerata solo in base alla sua capacità riproduttiva: in The Giver di Lois Lowry alle famiglie viene affidato un bambino e una bambina, ma non sono i genitori naturali. Alcune donne vengono selezionate e per un arco di tempo avranno come unico scopo quello di procreare bambinɜ perfettɜ. Se così non fosse, verranno congedati, come in una moderna Sparta.
Direi che è il momento di mettere un punto. Il lungo elenco di stereotipi e cliché potrebbe continuare all’infinito, e altrettanto lunga sarebbe la bibliografia da allegare. Se non mi credete, andate a dare un’occhiata al sito TV Tropes. Ne resterete sorpresi!
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