Magia e tecnologia: avversari o alleati del mondo fantastico?
Il livello tecnologico rappresenta uno dei più importanti elementi nella definizione di un Mondo (reale o immaginario che sia). Siamo abituat3 a dividere intere popolazioni in “primitive” o “avanzate” solo in funzione della presenza o assenza di una tecnologia: la lavorazione del ferro e la scrittura, ma anche la polvere da sparo, e persino l’agricoltura. La nostra contemporaneità è intrisa di tecnologia – molto più indietro del GPS satellitare o del forno a microonde.
Ciononostante, soprattutto nel fantasy, la tecnologia ha una pessima nomea: può esistere solo in quanto “technomagic”, o come contorno all’atmosfera urban fantasy. Non a caso, facenti capo a sottogeneri piuttosto giovani. Ma da dove deriva l’antipatia di chi scrive fantasy per le ultime scoperte scientifiche?
Lo scisma magico-tecnologico
Correva l’anno 1930, quando nel suo saggio “Sulle Fiabe” J.R.R. Tolkien stabiliva un discrimine tra la Magia (simbolo del potere interiore e personale della subcreazione) e la Macchina (simbolo della tecnologia che domina il mondo). Così facendo, il professore di Oxford poneva le basi per la suddivisione della conoscenza fantastica in due tipologie: la prima, strutturata come una scienza e quindi disegnata per ottenere risultati in fretta e facendo violenza alle leggi del mondo. La seconda, basata sulla comprensione del mondo naturale e con la comunione con esso.
Come diretta conseguenza dell’importanza di Tolkien, nel fantasy classico pensiero mitico e magia sono sempre stati posti in diretta opposizione con ogni forma di tecnologia.
Il muro che divide magia e tecnologia inizia però oggi a mostrare evidenti crepe.
La magia in età postmoderna
Prendiamo qui in esame due autor3 considerati postmodern3: Sir Terry Pratchett e Max Frei (pseudonimo di Svitlana Martynchyk, le cui opere purtroppo restano inedite in Italia). Pratchett ambienta tutte le sue opere a Mondo Disco, parte di un Multiverso in cui tutte le metafore sono potenzialmente reali. Egli basa la sua premessa fantasy sullo slogan postmoderno (e metanarrativo) “il mondo è un testo”, e struttura i propri archi narrativi in storie di autodeterminazione: personagg3 che riescono a trovare il proprio vero io liberandosi dal potere di cliché e schermi testuali.
Magia e tecnologia nelle opere di Terry Pratchett
Nei romanzi di Pratchett, la magia deriva dalla natura stessa di Mondo Disco. I maghi operano soprattutto attraverso apprendimento, scienza magica, simboli e testi. Al contrario, le streghe sfruttano il potere delle storie e il potere della terra stessa. Per quanto invece concerne la tecnologia, Pratchett ne opera una decostruzione mostrandola come parte di una realtà la cui forza principale è la magia: numerose invenzioni del nostro quotidiano funzionano diversamente a Mondo Disco, a causa della sua natura magica. La pistola domina la volontà di chi la maneggia, la stampante è affamata di notizie. Nella poetica di Pratchett, macchinari e oggetti sono animati e hanno personalità, pensieri e desideri… Talvolta credono persino in Babbo Natale (o meglio, in Hogfather), come il computer sviluppato dai maghi dell’Università Invisibile.
Pratchett fa propria la logica dello sviluppo di una comprensione dell’alterità che è comune al fantasy postmoderno: l’Altro non è solo un’altra persona, ma potrebbe essere ogni materiale o macchina, persino gli elementi della natura. Il contatto è basato sulla percezione dell’Altro come una personalità. Perciò, in un mondo fantastico che è fondamentalmente non-antropocentrico, l’animazione di materia e forze della natura fa sì che l’ingegneria non sia collegata solo con la materia, ma con lo spirito. I calcoli diventano uno dei modi per comprendere l’Altro.
Y. Kanchura (2018). “Technology vs. Magic in Postmodern Fantasy Literature”, Sofia, University Press “St. Kliment Ohridski”, p.125-131.
Perciò Pratchett individua come il principio di comprensione dell’alterità possa estendersi a ogni elemento del reale, quando gli esseri umani cooperano con le forze della natura attraverso la tecnologia.
Magia evidente e magia genuina nella serie “Max Frei”
Martynchyk invece crea il Mondo dell’Asta (Мир Стержня), uno dei numerosi mondi che esistono nel continuum di Humgat. Il Mondo dell’Asta è vivo, la realtà è fluida e flessibile, e i sogni sono parte integrante della vita reale.
Nel Mondo dell’Asta convivono tre tipi di magia: quella “evidente”, che può essere nera (manipolazione delle oggettività materiali) o bianca (che opera su principi astratti come l’umore, il ricordo, la memoria); e la magia “genuina”, tautologica all’esistenza del mondo stesso. La magia “evidente” è utilizzata per creare tecnologie di trasporto, alimentare e medica. Tuttavia, la sua natura è intrinsecamente violenta, perché è disegnata per forzare la realtà in una direzione voluta. Viceversa, la magia “genuina” rappresenta un modo naturale per dialogare con il Mondo, rispondendo ai suoi intimi desideri di cambiamento. In ambedue i casi, l’utilizzo della magia richiede un grande sforzo di concentrazione.
L’operazione di Frei consente di svincolarsi dal dualismo magia-tecnologia per sostituirlo con un’altra opposizione: quella tra violenza e dialogo. Il confine tra materia e spirito viene meno, perché ogni elemento contiene un seme di coscienza (dato dal legame intrinseco con il Mondo dell’Asta) o autocoscienza.
Rinsaldare la frattura
«You’ll laugh… you’re already laughing, Magicians be with you! But you saw yourself how scared it was! I just couldn’t abandon it there.»
Max Frei, “The Stranger: The Labyriths of Echo”
«A box? You’re talking about a box?»
«Yes, the box. Why? I felt its fear, I saw it try to roll away, and if things can remember the past, it means that they are sentient, they are able to perceive and feel. That means they live their own inscrutable lives, doesn’t it? In that case, what’s the difference whether one rescues a damsel in distress or a box?»
Max Frei non è certo il primo personaggio in grado di leggere la memoria degli oggetti. Il lettorato italiano ha più familiarità con Ofelia, protagonista della serie “L’attraversaspecchi” di C. Dabos. La differenza tra Max e Ofelia, per chi avesse letto i romanzi di Dabos, è però evidente: la seconda non si ferma mai a chiedersi se gli oggetti di cui legge il passato abbiano una propria coscienza. Perciò Ofelia non può essere considerata una personaggio postmoderna, bensì ancora radicata nel fantasy tolkieniano.
Viceversa, il fantasy postmoderno rinsalda la frattura tra magia e tecnologia umanizzandole, e ponendo le basi per un approccio olistico in cui ogni persona, specie, oggetto abbia diritto di voce. Nel fare questo, il fantasy si riavvicina alla fantascienza: per esempio, l’umanizzazione dell’alterità è il tema centrale del racconto “Addendum alla proposta di legge sul diritto all’autodeterminazione degli oggetti” di S. Riva.
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