Dissimmetria grammaticale: intervenire è un’impresa possibile?
Nel precedente articolo di questa serie ho cercato le risposte più frequenti alla domanda “l’italiano è una lingua sessista?”. Le posizioni che ho individuato sono a grandi linee le medesime riscontrate da Alma Sabatini nel suo prezioso saggio “Il sessismo nella lingua italiana” (aprile 1987), a indicare che la questione è ancora decisamente aperta.
Sabatini individua una disparità linguistica tra uomo e donna a livello strutturale (anche detta dissimetria grammaticale, cioè nelle norme codificate dalla grammatica) che a livello semantico (cioè nella norma d’uso della lingua). In particolare, le dissimmetrie grammaticali sono relative all’uso del maschile inclusivo e agli agentivi, ovvero i nomi indicanti professione, mestiere, carica, etc. Per ovviare al problema della disparità strutturale, Sabatini scrive una seconda opera – ben più famosa: “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” (novembre 1987).
Maschile inclusivo
Per ovviare alla dissimmetria grammaticale presente nel maschile inclusivo, Sabatini suggerisce le seguenti norme:
- Sostituire l’uso del maschile inclusivo con sostantivi dal valore non marcato: persone invece che uomini; solidarietà tra le nazioni invece che fratellanza tra le nazioni.
- Evitare di dare sempre la precedenza al maschile nelle coppie oppositive: sorelle e fratelli invece che fratelli e sorelle.
- Evitare di accordare il participio passato al maschile, quando i nomi sono in prevalenza femminili: Giulia, Carlo e Lucia sono arrivate stamattina.
Agentivi
Il discorso sulla dissimmetria grammaticale degli agentivi è più complesso e spinoso. In linea generale, Sabatini propone di creare la forma femminile di titoli professionali (eccetto quando l’adeguamento morfofonetico non è necessario, in quanto basta anteporre l’articolo femminile), con la sola avvertenza di evitare le forme in –essa. Per esempio:
- I termini in -o, -aio/-ario, -iere mutano in –a, -aia/-aria, -iera (ministro/a, giornalaio/a, pioniere/a).
- I termini in –sore mutano in –sora (assessore/a, professore/professora).
- I termini in –tore mutano in –trice (amministratore/trice, direttore/trice).
- Termini in –e o in –a, forme italianizzate di participi presenti latini e composti con capo– vengono mantenuti uguali, con l’anteposizione dell’articolo femminile (il/la generale, il/la poeta, il/la profeta; il/la cantante, il/l’agente; il/la capofamiglia).
Da queste raccomandazioni appare evidente che per Sabatini sia del tutto possibile (e lecito) programmare una lingua a tavolino. Al di là degli attacchi alle singole raccomandazioni, questo è il vero centro del problema.
È legittimo intervenire in modo artificioso sulla lingua per annullare la dissimmetria grammaticale?
La nota ipotesi Sapir-Whorf afferma che la lingua non abbia soltanto la capacità di manifestare, ma altresì di condizionare il nostro modo di pensare. Essa incorpora una visione del mondo, e nel contempo la impone. I nostri discorsi sono parzialmente indirizzati dalla lingua che usiamo. Prendendo per vero questo modello, è evidente che, se la lingua è pervasa da stereotipi e discriminazione sessista, questi ne siano a loro volta rinforzati ogni qualvolta della lingua si fa uso.
Un intervento artificioso sulla lingua per eliminare la dissimmetria grammaticale, quindi, parrebbe del tutto ragionevole.
L’opinione di A. Sabatini
Secondo Sabatini, infatti, l’intervento è legittimato dal suo fine, ovvero dare visibilità linguistica alle donne e pari valore linguistico a termini riferiti al sesso femminile. L’autrice riporta altri esempi analoghi, in cui parole ritenute incriminate sono scomparse dalla lingua ufficiale e sostituite con altre dal valore più neutro.
Molti di questi cambiamenti non si possono definire “spontanei”, ma sono chiaramente frutto di una precisa azione socio-politica. Essi dimostrano l’importanza che la parola/segno ha rispetto alla realtà sociale ed il fatto che siano stati assimilati significa che il problema è veramente diventato “senso comune” o che, per lo meno, la gente ormai si vergogna al solo pensiero di essere tacciata di “classista” o “razzista”. Quando ci si vergognerà altrettanto di essere considerati “sessisti”, molti cambiamenti qui auspicati diverranno realtà “normale”.
A. Sabatini, in “Il sessismo”
L’opinione di G. Lepschy
Un altro linguista, Giulio Lepschy, appare invece molto scettico sulla realizzabilità di interventi programmatici sulla lingua. Visti i precedenti (per esempio, la politica linguistica fascista che impose l’uso del Voi invece del Lei), Lepschy ritiene che ogni tentativo in questa direzione sarebbe guardato con scetticismo e sospetto, andando addirittura a danneggiare la causa che si prefigge di aiutare. Al contrario,
Se è vero che la lingua rappresenta gli atteggiamenti dominanti, essa rifletterà inevitabilmente una società più equa e meno sessista, una volta che l’abbiamo creata, nello stesso modo in cui ora riflette una società iniqua e sessista. (…) Una volta che una donna può essere dottore, ministro, Presidente della Repubblica o papa, è del tutto indifferente che sia chiamata “medica”/”ministra”/”Presidentessa”/”papessa” invece che “medico”/”ministro”/”Presidente”/”papa”.
G. Lepschy, in “Lingua e sessismo”
L’opinione di C. Robustelli
Ancora diversa è la posizione di Cecilia Robustelli, che facendo riferimento all’imposizione del Voi vs. Lei ricorda come i rapporti interpersonali non ne siano risultati alterati. In altre parole, neanche secondo Robustelli il sistema della lingua e la sua norma d’uso sono rapidamente modificabili dall’alto; e soprattutto, cambiare la lingua non comporta automaticamente cambiare un’ideologia. L’italiano deve essere in grado di adattarsi a contesti comunicativi in continuo mutamento, e che necessitano di essere rinnovati per veicolare nuovi messaggi.
È quindi nell’ambito della norma (ovvero della dissimmetria semantica) e non nella dissimmetria grammaticale che si prospetta una maggiore adattabilità della lingua… Ma di questo parlerò nel prossimo articolo.
Note: Questo articolo è tratto principalmente dal Capitolo 1 del saggio “Educazione sessista: Stereotipi di genere nei libri delle elementari” di Irene Biemmi. Di seguito i dettagli.
TITOLO: Educazione sessista: Stereotipi di genere nei libri delle elementari
AUTRICE: Irene Biemmi
EDITORE: Rosenberg & Sellier
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