DELOS Digital pubblica “Addendum alla proposta di legge per il diritto all’autodeterminazione degli oggetti”

“Addendum alla proposta di legge per il diritto all’autodeterminazione degli oggetti” è un titolo parecchio lungo per la novelletta che DELOS Digital pubblicherà nella premiatissima collana Futuro Presente. Le curatrici Elena di Fazio e Giulia Abbate hanno discusso a lungo se mantenerlo, e sono felice che l’abbiano fatto: è un po’ la chiave di lettura del racconto, e «rievoca certa fantascienza sociale umoristica degli anni Sessanta/Settanta» (per usare le parole di Elena).

di Sephira Riva, DELOS Digital (Futuro Presente)

Uno sgangherato laboratorio di ricerca nelle isole Svalbard. Una macchina per il controllo del clima che fa grandinare nei corridoi. Un trio di giovanз ricercatorз con un incarico impossibile: il reverse engineering di un manufatto extraterrestre, commissionato da alieni incorporei (anzi: alien* incorpore*, perché non conosciamo il loro sesso). Cos’è il reverse engineering? E che aspetto ha un alieno incorporeo? La geniale autrice esordiente Sephira Riva gioca con i topoi della fantascienza e con il linguaggio inclusivo, per raccontarci la storia più surreale mai apparsa su Futuro Presente.

Sinossi

Una storia che non ha paura di usare la schwa

Da anni su Moedisia ci interroghiamo sui limiti del linguaggio, e sugli strumenti a disposizione per trattare nuove istanze (o istanze datate, con parole nuove). Dopo aver scritto svariati articoli sull’italiano inclusivo, è stato naturale desiderare testarlo – fuori dal recinto della saggistica, dove già ha trovato spazio: nella narrativa di genere. Sebbene sia consapevole che non si tratti del primo esempio in assoluto di utilizzo della schwa in una storia pubblicata (questo onore va a “Murderbot” di Martha Wells), è pur vero che “Addendum” rappresenta il primo esempio italiano di questo tipo, ovvero la prima opera non in traduzione con questa notazione. Facendo da apripista, mi aspetto un po’ di resistenze da un lettorato ancora disabituato a incontrare gli arcani segni IPA; come pure da chi li usa in modo differente da quello implementato da me di concerto con l’editore.

Abbiamo dovuto fare delle concessioni alla lingua attuale per esigenze di chiarezza: per esempio, mantenere il maschile sovraesteso per descrivere gruppi misti. C’era già parecchia carne al fuoco, tra nuovi pronomi e desinenze (e assenza di entrambi). Anche se complesso, utilizzare questi strumenti è stato liberatorio e mi ha permesso di scrivere una storia che non avrei potuto creare altrimenti.

La domanda fondamentale

Il filo conduttore di “Addendum” è una delle domande fondamentali della scienza “Cos’è questo?”. È anche la domanda a cui più di frequente devo rispondere nel mio lavoro di scienziata. Dal momento che scrivere è il mio modo di riflettere su un tema, era inevitabile che l’ambito letterario e quello scientifico andassero a convergere e deflagrassero in un racconto di fantascienza. “Cos’è questo?” è la domanda a cui devono rispondere i ricercatorз Ena, Ahmed e Nadia per conto della loro clientela aliena… Una domanda all’apparenza semplice che invece mette a nudo il loro (nostro) rapporto con la conoscenza. Qualcosa in cui affondare i denti, o una relazione bilaterale?

La mia esperienza in centri di ricerca di ogni genere è di luoghi di grande diversità e un’inclusione anche un po’ forzata – dalla combinazione di retorica del lavoro di teamwork con un sistema che spinge a primeggiare i singoli. Il mondo della ricerca scientifica è contraddittorio… In tutti i sensi: è pieno di contraddizioni, ma è anche sede di un enorme potenziale dialettico. Credo che troverete tutti questi elementi in “Addendum”.

Ma spero che vi troverete anche un po’ di sano divertimento. Come io mi sono divertita a scriverlo!

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