Ricette letterarie: i bliny di “Vita Nostra”
Credo che “Vita Nostra” di Marina e Sergej Djačenko possa entrare a pieno diritto nella lista dei libri che mi fanno pensare “vorrei averlo scritto io”. Ma non sarebbe stato possibile, e non soltanto perché dovrei allenare la mia immaginazione per un’altra decina d’anni prima di riuscire anche solo a concepire idee stravaganti e potenti come quelle presenti nel romanzo dei Djačenko. Il punto è che “Vita Nostra” non poteva che essere scritto da persone profondamente immerse nella cultura, nelle tradizioni, della vita passata, presente e futura dell’Europa dell’Est.
Chi legge si trova infatti di fronte ritmi narrativi diversi da quelli meccanici e frenetici cui ci ha abituatə la narrativa di stampo anglofono, a modi di concepire l’atto trasformativo della crescita radicalmente diversi da quelli di un tradizionale romanzo di formazione. È davvero facile sentire in “Vita Nostra” gli echi della grande narrativa fantastica di Bulgakov, Sorokiv, Pelevin. E al contempo lasciarsi contagiare dalla nostalgia per vacanze estive sulle spiagge del Mar Nero, per stanzette chiuse in studentati affollati, per una vita distante centinaia di chilometri e qualche decennio, e che tuttavia può essere anche nostra. Una lettura in grado di aprire finestre sulla quotidianità di luoghi che conosciamo sempre troppo poco, anche mentre i loro nomi sfilano sulle prime pagine dei giornali.
“Vita Nostra” è una storia di disgregazione e ricostruzione di sé, il racconto di un percorso di autodeterminazione radicale che parte dalla perdita completa della propria identità e libertà. E in questo progetto minuzioso di ricostruzione, il corpo è insieme fardello e strumento di metamorfosi, mai del tutto disgiunto da una mente che lotta per dispiegare le ali. In questa lotta, il cibo ricopre un ruolo fondamentale: serve ad ancorare la protagonista al reale, più ancora di quanto non riescano a fare i vincoli di amore e quelli familiari. È la fame a tenere insieme corpo e anima, una fame che può essere tanto fisiologica quanto metaforica.
Arrivò il cameriere che mise una tazza di caffè di fronte a Saška e un grande bicchiere di cognac davanti al suo interlocutore. A qualche spanna dal naso della ragazza sistemò un piatto con piccoli panini al caviale, al prosciutto, al salame, al formaggio e al salmone, disposti su un’intricata corona di insalata e solcati da vele gialle di fette di limone. Saška si rese conto che moriva di fame. E da un pezzo. Quel giorno aveva saltato il pranzo, e non si era neanche azzardata ad avvicinarsi alla colazione. Quelle dannate acciughe al pomodoro, le vedeva ovunque. «I famelici anni dell’università», notò quasi tra sé Nikolaj Valer’evič.
Djačenko, Marina & Sergej. “Vita Nostra” (Italian Edition) (p.144). Fazi Editore.
Bliny di “Vita Nostra”
Ingredienti per 12-15 bliny:
150g di farina (di grano saraceno, oppure 00)
8g di lievito secco
1 uovo
300mL di latte
un pizzico di sale
Preparazione
Separa il tuorlo dall’albume. Sbatti il tuorlo in una ciotola capiente, poi aggiungi il latte. Nel composto liquido setaccia la farina, il lievito e il sale. Mescola bene con una frusta per evitare la formazione di grumi. Lascia a riposare la pastella per almeno mezz’ora, coperta con pellicola trasparente o con un canovaccio.
A parte, monta l’albume a neve ferma. Incorporalo alla pastella, mescolando dolcemente dal basso verso l’altro con un cucchiaio di legno.
Ungi una padella antiaderente con del burro o un filo di olio, versa un mestolo di pastella e lascia cuocere la crespella in modo uniforme: deve risultare un foglio sottilissimo. Quando il bin si è rassodato ed è diventato di un bel colore dorato, giralo per cuocere l’altro lato.
Servi i tuoi bliny caldi con un ripieno dolce (marmellata, Nutella…) oppure salato: noi li abbiamo preparati con salmone affumicato, panna acida, caviale rosso e aneto… una vera delizia!
Sul nostro profilo Instagram trovi un reel dedicato alla ricetta. Vieni a dare un’occhiata!
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