Font e comunicazione: Sei proprio il mio typo!
Quanta della comunicazione cui partecipiamo giornalmente passa dalla lettura? Leggiamo per studio, piacere o lavoro, sui più disparati supporti. Il carattere tipografico rappresenta la cinghia di trasmissione tra il testo e il suo lettore, perciò la sua scelta è tutt’altro che casuale: il carattere tipografico per sé è in grado di veicolare un messaggio. A chi è in grado di leggere i segnali della tipografia, un carattere può aprire una ulteriore dimensione, o profondità, di comprensione.
Permettetemi di fare un esempio concreto, seppur proveniente da un ambito differente. Chi di voi abbia mai visto il film cult “Il sesto senso” (M. Night Shyamalan, 1999) si sarà reso conto dell’insistente utilizzo del colore rosso. Per stessa ammissione del regista, il rosso è utilizzato per contrassegnare gli oggetti venuti a contatto con il mondo dei fantasmi. Shyamalan ha quindi usato per i propri scopi un colore emotivamente e istintivamente associato con il pericolo, ma anche con il calore. Messaggi opposti possono quindi convivere nel medesimo oggetto, perché agiscono su livelli diversi della nostra comprensione. L’informazione “il rosso indica che l’oggetto è stato toccato da un fantasma” arriva a livello conscio, tramite il contesto nel film; mentre quella “il rosso indica pericolo” è inconscia, iscritta nella nostra storia.
Lo stesso accade per le font. I caratteri tipografici veicolano un concetto (la parola con cui sono scritti), ma si portano dietro un bagaglio culturale ed emotivo legato alle circostanze della propria creazione.
Tuttavia, solo negli ultimi vent’anni le font hanno iniziato a uscire dalle tipografie e affascinare i non addetti ai lavori. Lo sviluppo tecnologico le ha rese protagoniste del nostro quotidiano.
Quante e quali font?
Alcuni caratteri ci danno l’impressione che ogni parola in cui compaiono sia onesta, o quantomeno obiettiva.
Simon Garfield, “Sei proprio il mio typo”
Così argomenta Simon Garfield parlando di Gotham, il carattere scelto da Obama per la propria campagna presidenziale. Il saggio di Garfield “Sei proprio il mio Typo” è un compendio sulla secolare storia della tipografia, condito di aneddoti sulle varie famiglie di caratteri. C’è Trajan, la font usata per i titoli dei peggiori film, Grassy – la font con i peli; oppure Scrawlz, che pare vergata da un bambino di 3 anni.
Il primo carattere tipografico mai inventato fu il Textura, con il quale Gutenberg stampò la Bibbia. Nel crearlo, Gutenberg dovette adeguare la grafia degli amanuensi del Quattrocento cui il suo pubblico era abituato con le difficoltà tecniche dei caratteri mobili. Dovette abbandonare linee troppo fini, difficili da incidere, e fare i conti con la viscosità degli inchiostri.
Nei secoli successivi, sono stati inventati centinaia di caratteri – con grazie, senza grazie, con le variazioni di tondo e corsivo, di chiaro e grassetto. Molti di questi sono sopravvissuti all’arrivo dell’era digitale: Garamond, Brembo, Baskerville, Gill Sans. Altri sono stati creati per l’era digitale, come Calibri, Verdana, Arial e Tahoma. Se i loro nomi ci sono noti, tuttavia, nessuna di queste font ha mai scaldato gli animi della gente quanto…
Ascesa e caduta del Comic Sans.
La più odiata font di tutti i tempi (a dire il vero, l’unica su tutti o quasi abbiamo mai sentito la necessità di esprimere un’opinione) nasce nel 1994 ad opera di Vincent Connare, dipendente della Microsoft Corporation, per dare un’interfaccia amichevole a Microsoft Bob. Microsoft Bob era un pacchetto software per scrivere testi e gestire le spese personali: dedicato a un pubblico di neofiti del computer, presentava immagini dallo stile infantile con la serietà del Times New Roman. Il contrasto era stridente – ma il Comic Sans di Connare, influenzato dal mondo dei fumetti, non era adattabile agli spazi di Microsoft Bob, interamente progettati sul Times New Roman. Se Bob fu un flop, è pur vero che nessuno diede la colpa al suo font serioso… Ma il Comic Sans venne subito utilizzato da Microsoft Movie Maker, che fu un enorme successo.
Dopo essere stato incluso come carattere di sistema in Windows 95, tuttavia, la font iniziò a comparire ovunque, spesso a sproposito: fiancate di ambulanze, siti porno, persino lapidi. Infine, la caduta: viene creato il sito “Ban Comic Sans”.
Quando si disegna un cartello “Vietato l’ingresso”, è consigliabile l’uso di un font dai tratti marcati, capaci di attirare l’attenzione, come l’Impact o l’Arial Black. Comporre un messaggio di questo genere in Comic Sans sarebbe ridicolo […] come presentarsi a un ricevimento elegante con un costume da clown.
Dave e Holly Combs di “Ban Comic Sans”
Ma perché in così tanti amavano il Comic Sans? Ci risponde il suo creatore:
Se si ama il Comic Sans non si sa granché di Tipografia. Se lo si odia, non si sa ugualmente granché di Tipografia. Ma perché la gente ama il Comic Sans? Perché non sembra una font.”
Vincent Connare
Leave a Reply