Beta reader: un lavoro molto impegnativo

Scrivendo racconti, manoscritti, articoli e quant’altro, mi è capitato innumerevoli volte di aver bisogno del parere di qualcuno, di un esterno, per una conferma. Ovviamente, scrivendo spesso a quattro mani, la prima persona con cui mi misuro è Sephira (il nostro intero lavoro si basa su quello, ma credo sia il caso di dedicare un articolo a sé sulla questione della scrittura a più mani). Ma se lei non è disponibile? O, più facile, il lavoro su cui ho bisogno di un consiglio è il nostro manoscritto?

In molti si affidano a parenti e amici e io non mi esimo da questo circolo.
Uno dei primi di cui cerchiamo (sia Sephira che io) il parere è Stefano, che è sempre il lettore giusto al momento giusto: si accorge della mancanza di cose che a noi sembrano scontate (e che ovviamente non sono) e di altre che noi stesse non ci eravamo accorte di aver inserito, perché semplicemente la storia ci portava lì. E’ un aiuto prezioso, perché ci legge in corso d’opera e grazie ad alcune sue impressioni possiamo aggiustare il tiro immediatamente invece di dover riscrivere tutto in seconda stesura. Meraviglioso, insomma.

E poi c’è Simona, una mia grande amica anch’essa scrittrice, ed è la persona a cui mi piace rivolgermi per aver la sicurezza di non incappare nella trappola mortale delle “falsità per salvare un’amicizia”.
So con certezza che i suoi appunti, le sue perplessità e i suoi consigli saranno sinceri, motivati e, soprattutto, finalizzati a farmi raggiungere un nuovo livello di scrittura.
Le sono sempre immensamente grata per questa sua schiettezza. Ed è la stessa con cui cerco di ricambiare ogni volta che è lei a presentarmi un suo lavoro.
Eh già, il titolo del post non era solo un modo carino per ringraziare chi, solitamente, lo fa per me, ma perché ho sperimentato sulla mia stessa pelle il disagio che essere beta reader può comportare.

Con Simona ovviamente è facile perché, come ho detto, cerco di essere sincera, puntigliosa e corretta come lei lo è con me. Un rapporto in equilibrio, insomma. Ma non è facile o scontato.
La prima cosa che si vuole evitare è di ferire o di essere presi per degli snob boriosi. Cosa che personalmente, tra i mille difetti che mi contraddistinguono, credo di non essere.

Qualche tempo fa, a una cena tra colleghi e amici di amici, si parlava di fantasy, di letteratura, ecc., ed è saltato fuori che scrivo fantasy. Prendendo la palla al balzo, un amico del mio capo mi chiede la mail e il permesso di inviarmi il suo manoscritto fantasy per un parere.
Ovviamente gli rispondo “certo, quando vuoi!”. Che altro avrei potuto rispondere? 

Il giorno dopo mi arriva la sua mail con una piccola premessa di quello che mi aspetta e un file di una ventina scarsa di pagine.
Già questo mi mette in allarme: non era un manoscritto? Bah, mi avrà mandato solo i primi capitoli.
Stampo e me lo leggo distrattamente in metropolitana al ritorno dal lavoro. Non ci capisco molto, ma la colpa sarà della metropolitana, del casino in orario di punta.
Torno a casa, mi piazzo sul divano e ci riprovo, stavolta con matita alla mano per prendere appunti, segnare quello che non capisco ed eventuali errori.
Mezz’ora dopo mi sento la peggiore delle professoresse di italiano, quelle che nei film e telefilm scrivono terribili 2– in rosso sui compiti, che fanno piangere il povero pargolo al ritorno a casa.
Purtroppo però, è davvero terribile: manca coerenza in quel poco di trama che si intuisce in poche pagine, manca la caratterizzazione base dei personaggi, del mondo fantasy nel quale viene narrata la storia e, cosa più grave in assoluto, la grammatica di base. Non sto parlando di qualche strafalcione verbale, quelli posso segnarli e tirare avanti, si correggono. Parlo della costruzione delle frasi, che cadono in un labirinto di Escher.

Comunque al di là degli errori, al di là del mio gusto personale, il vero cruccio per un beta reader è un altro: e ora come glielo dico? Come gli faccio capire – come detto poco sopra – che non sono una boriosa-brava-solo-io, ma che il pezzo fa schifo.

Mi sono dovuta confrontare con mio marito e altre tre-quattro persone prima di prendere il coraggio a due mani e scrivere una delle mail più difficili della mia vita. Ho cercato di essere il più conciliante possibile, gentile fino alla melassa e, mentre lo distruggevo, cercavo di rafforzare la sua autostima per non demordere e riprovarci, consigliandogli dove correggere il tiro, come poteva procedere in alternativa ecc. ecc.
Nonostante mi abbia risposto, molto carinamente, che mi ringraziava tanto per i miei consigli e commenti e che mi avrebbe sicuramente contattato di nuovo per avere altri chiarimenti, non l’ho mai più risentito.

Visto? Il lavoro del beta reader è tosto.

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