Fantascienza, singolare femminile
Questo ultimo articolo riservato agli eventi del Festival “Oltre lo Specchio” è dedicato alla tavola rotonda “Fantascienza, singolare femminile” (MIC, 8 giugno 2019). Sono intervenute Giulia Abbate (scrittrice, editor a writing coach presso Studio83), Franci Conforti (autrice di fantascienza, finalista al Premio Urania) ed Elisabetta Di Minico (ricercatrice e studiosa del fenomeno distopico).
Una premessa prima di entrare nel succo della discussione: si è scatenata un’accesa polemica (ora introvabile, e la sola del festival – due cose che giudico molto indicative della sensibilità dell’argomento) circa il ridotto numero di speaker femminili durante la manifestazione, e la loro ghettizzazione in due soli eventi: “Fantascienza, singolare femminile” e “Buffyzzate: Geek Girl Power”.
Sfogliando il programma degli eventi non si può non notare che su 27 film soltanto 3 (di cui un documentario) sono di registe. Stranamente però, la polemica non ha fatto riferimento a questo dato oggettivo, ma agli eventi corollari del festival (19, di cui 8 ospitavano donne). Non serve essere dei geni in matematica per capire che 42% è molto maggiore di 4%, quindi mi viene da pensare che gli artefici della discussione siano un po’ in malafede. Che, sotto sotto, pensino che la fantascienza sia roba da maschi – e che puntare il dito su eventi che provano a scardinare questi pregiudizi accusandoli di non fare abbastanza sia un modo per distogliere l’attenzione dall’elefante nella stanza: e cioè che di panel come questi, oggi più che mai, abbiamo un disperato bisogno.
Ben vengano quindi le discussioni, anche imperfette.
E le tavole rotonde! Anche quelle che, per dovere di inclusività?, includono chi ha capito molto di fantascienza e molto poco di femminismo…

Ha senso oggi parlare di fantascienza femminile?
Elisabetta: La definizione del genere dell’autore/autrice è una struttura che abbiamo creato. Ciò di cui abbiamo bisogno oggi è una narrativa aperta all’alterità, e la persona di sesso diverso è il primo altro con cui andiamo a scontrarci. C’è grande interesse, nella narrativa distopica odierna, per protagonisti femminili dal carattere forte e la tempra rivoluzionaria. Soprattutto, la fantascienza ha da sempre caro il tema dell’emancipazione femminile, a partire dalla questione del corpo femminile: “La notte della svastica”, “Sul filo della tempesta”, “Il racconto dell’ancella”.
E: C’è un interesse fortissimo per la distopia di rivolta (armata, politica, individuale). Molte eroine Young Adult vivono la propria condizione femminile in modo pieno, non in ruolo subordinato.
Fantascienza per rivendicare i diritti di chi non ha voce.
Giulia: In questo momento stiamo facendo un ulteriore passo in avanti. Sappiamo ormai che ci sono altre voci rispetto allo “standard” (maschio, eterosessuale e bianco), ma abbiamo davvero bisogno di uno “standard”? Un’autrice come Ursula K. Le Guin ci permette di esplorare i conflitti che emergono dal primo contatto con l’altro, per farci comprendere che l’altroè necessario – anche e soprattutto quando è incomprensibile -, è parte imprescindibile del nostro stare al mondo.
E: Finché non impareremo a guardare l’altro come a un incontro che ci permette di conoscere noi stessi, non potremo creare un’utopia.
Fantascienze moderne: distopia e utopia
E: Utopia e distopia sono concetti intrinseci al nostro essere uomini, perché è nella nostra natura prendere spunto dal mondo attuale per immaginarne uno migliore, oppure per comprendere avvenimenti contemporanei. Sono in molti, oggi, a cercare risposte a questioni politiche nella letteratura di fantasia.
G: Nella cultura di massa di oggi dominano le distopie. Questo rispecchia una serie di paure del mondo occidentale moderno, legate alla crisi di un sistema economico elevato a unico modello di felicità… Proprio per questo, però, c’è un gran bisogno di utopie. Abbiamo bisogno di storie che descrivano come le cose possono andare bene, senza maltrattare il lettore. Per creare un mondo diverso, dobbiamo prima saperlo immaginare.
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