Il tempo nel fantasy tra memoria e passato

Ogni forma di narrazione riproduce, trasforma e ricostruisce una sequenza di eventi che si verificano in ordine cronologico. A una causa corrisponde un effetto, che si concatena a un altro e a un altro ancora. In qualsiasi modo si scelga di esporre questa serie di vincoli logici, è chiaro che il tempo rappresenta una componente imprescindibile dell’arte di raccontare storie, e delle storie stesse.

Il tempo fantastico

Il fantasy però ha un rapporto ambiguo con la dimensione temporale, che deriva almeno in parte dal suo rapporto tributario con il genere della fiaba e con la tradizione orale. Il tempo del racconto è un tempo sospeso: la fiaba, per esempio, avviene in ogni luogo e contemporaneamente, non ha vincoli spazio-temporali definiti. Cappuccetto Rosso è in pericolo oggi come ieri o domani, nei boschi dell’Alaska come nella Foresta Nera. A una prima occhiata, sembrerebbe che la fiaba sia sprovvista di una dimensione temporale, e in parte è così: non c’è un legame con la nostra cronologia.

Ciò non significa tuttavia che gli eroi e le eroine delle fiabe non si muovano secondo cronotopi propri. Cronotopi che possono essere radicalmente differenti da quelli del mondo reale… sebbene siano anch’essi scanditi da giorno e notte, o dallo scorrere delle ore, o dal passare delle stagioni. Si tratta infatti di tempi in larga parte simbolici e archetipici, tipicamente momenti trasformativi e di metamorfosi. Questo è il caso delle storie ambientate nella notte di Natale o di Capodanno, allo scoccare della mezzanotte, alle prime avvisaglie del mattino.

Il tempo e la fiaba

Molti degli elementi propri della fiaba sono stati rielaborati dal genere fantasy, e il tempo è uno di questi. Ovviamente questo aspetto ha subito delle modifiche nel passaggio da una forma all’altra, ma la sostanza è rimasta invariata: il tempo nel fantasy ha una valenza simbolica. Ha mantenuto il suo legame con il momento trasformativo (che potremmo anche considerare il nucleo dell’elemento magico), divenendo parte integrante delle creature magiche che del genere sono la cifra. Perciò abbiamo creature magiche caratterizzate dal loro rapporto con il tempo: gli elfi, per esempio, che vivono un tempo sospeso. Oppure i vampiri e gli altri non-morti, che esistono in un tempo rubato alla morte.

La fascinazione del fantasy per le ambientazioni storiche

Un altro elemento in cui assistiamo alla conflagrazione di fantasy e tempo è nelle ambientazioni. Il fantasy ha eletto il passato a proprio dominio, e sebbene non manchino esempi di testi di ambientazione contemporanea o futuristica, è innegabile che questo genere letterario abbia una fascinazione per ciò che è stato. E non per scoprire cosa avrebbe potuto essere (che è dominio dell’ucronia), quanto per impossessarsene e trasformarlo in uno scenario non dissimile dal palcoscenico su cui si muove la fiaba. 

È qui che nasce l’identificazione del fantasy con l’ambientazione medievale. Un Medioevo idealizzato, di cui si tengono alcuni elementi folkloristici e si epurano quelli più distanti dalla sensibilità contemporanea: un universo di feudi e castelli, dinastie regnanti, dame e cortigiane, prostitute e cavalieri, mercenari, banchetti o risse da osteria. E parliamoci chiaro, rendere un’opera più dark & gritty, ovvero indugiare sui dettagli più lugubri, violenti o raccapriccianti del mondo medievale, non contribuisce a renderlo meno idealizzato… ma soltanto a cambiare il filtro degli occhiali attraverso cui lo stiamo guardando. Credere che “realistico” sia sinonimo di “violento” è uno dei grandi fraintendimenti del nostro tempo.

Tempo, fantasy e verità storica

È evidente che il desiderio di questo fantasy non è la verità storica; eppure deve esistere un confine da qualche parte, che fa scattare il lettorato quando in un Epic Fantasy trova patate e pomodori. Che poi, se ci pensate, è abbastanza assurdo: possono esistere i draghi, ma le patate sono strane. E non parliamo delle donne nere in posizione di potere.

La radice del problema è di natura attributiva: chi legge fantasy spesso non ha idea delle specificità dei suoi sottogeneri, e non è in grado di collocare un’opera nel suo contesto. Perché in un Other-Worlds Fantasy dovrebbero valere le stesse regole che nel nostro? Perché lo sviluppo naturalistico, storico e culturale dovrebbe aver seguito i medesimi percorsi? C’è spazio anche per indagare che forma avrebbe il nostro mondo in un contesto fantasy, ma è territorio per il Fantasy Storico o l’Urban.

Tempo e fantasy: una dimensione contemporanea

Il Fantasy Storico sta vivendo un nuovo momento di popolarità, in Italia come all’estero. Le sue premesse sono abbastanza semplici: si prende un momento storico e si inserisce un elemento straniante, ponendolo come qualcosa di ordinario e normale (l’esistenza dei draghi e la loro attitudine al combattimento, come nella serie “Temeraire” di N. Novik), oppure esistente da sempre ma nascosto agli occhi della gente comune (angeli e demoni si muovono nell’ombra in “Engaged” di B. Roncari).

Il tempo prescelto dal Fantasy Storico è, di norma, il passato fino al secondo dopoguerra. L’800 e gli anni ’20 vanno piuttosto di moda, come pure l’immancabile Medioevo. Esistono naturalmente fantasy con ambientazioni contemporanee, ma anche in questo caso (come in quello del Medioevo idealizzato di cui sopra) si tratta di adattamenti scollegati dalla Storia del nostro mondo: anni ’80 in cittadine pigre e dimenticate, oppure metropoli sempre uguali a loro stesse (in cui l’ancoraggio alla contemporaneità è dato dalla modalità di comunicazione dei protagonisti. Usano MSN, o chattano su Instagram?). Per farla breve, al Fantasy Storico la Storia recente non piace.

Tempo, fantasy e memoria

Questo è un peccato, perché scrivere di Storia recente può voler dire scrivere di memoria. La propria memoria, o la testimonianza di altri. Entrambi elementi che appartengono più al reame del fantastico, che a quello del realismo (in cui abbiamo più spesso la pretesa di collocarli). La memoria è fallace, inaffidabile, piena di buchi che il nostro cervello va a riempire con fabbricazioni, congetture e invenzioni. Rielaborare la memoria è come raccontare storie su sé stessi. 

Perché lo facciamo? Spesso è un meccanismo inconscio, la ricerca di una strada per congiungere due punti quando ciò che sta in mezzo è nebuloso. Altre volte accade a posteriori, come quelle bugie raccontate così tante volte che anche chi le dice inizia a crederci. Talvolta sono meccanismi di difesa, modi per dare un senso alle cose. 

In questo ultimo caso, il fantasy si dimostra terreno di sperimentazione straordinari: permette infatti di scandagliare i buchi della memoria e riempirli con elementi più veri del vero e del verosimile.

L’elemento magico risulta particolarmente efficace se abbinato a conflitti irrisolti, o a storie concentrate sul tema della cura e della rinascita: come nel nostro “Creature dell’assenza”.

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