Nuovi archetipi femminili: Cassandra

Di noi donne si dice spesso che agiamo in modo irrazionale. Questo giudizio è talmente pervasivo, da essere entrato, per così dire, nel sentire comune. È un pregiudizio difficile da scardinare, nonché uno dei pilastri su cui si basa il potere maschile: quale modo migliore di svilire le richieste di una donna, che tacciarle di irrazionalità?

A questo frustrante e pervicace luogo comune è il momento di apporre un nuovo archetipo femminile. Non più la donna irrazionale: la donna irragionevole.

Cassandra

Dopo Medea (la profuga) e Lavinia (la figlia del re), è finalmente il momento di parlare di lei: Cassandra, la principessa veggente – secondo il mito, destinata a profetizzare il futuro e non essere creduta. E in quella terribile maledizione del “non essere creduta”, c’è molto della condizione femminile: ridotta al silenzio da un dio maschio (Apollo), per aver rifiutato di concederglisi.

Ma perché abbaio
da tanto tempo ai sassi che non sentono,
facendo risuonare un vuoto strepito, infelice che sono,
E all’onda muta,
alle valli selvose spaventevoli?
Il dio di Lepsia
escluso dal torvo desiderio del mio letto,
mi privò di credito
e infuse bugiardo suono alle parole mie
e alla preveggente veridica sapienza dei responsi.

Licofrone, “Alessandra” v. 1451- traduzione di V.G. Lanzara.

Significati e assassinio di Cassandra

È possibile individuare nel rapporto tra Apollo e la Cassandra omerica (o più propriamente eschilea, dal momento che Omero non fa mai menzione dei doni profetici di Cassandra) uno scontro tra civiltà ben più antico: la successione del mondo patriarcale a un culto precedente, femminile. Il culto di Apollo è infatti relativamente recente, e il santuario di Pito era prima legato al culto di divinità ctonie legate alla Dea Madre. È inoltre interessante notare, a questo proposito, il gesto con cui Apollo maledice Cassandra: le sputa in bocca, e facendolo toglie verità alle sue parole. Ciò è particolarmente significativo perché, almeno secondo la controversa teoria di Gigi Sanna ne “I segni del Lossia cacciatore”, Apollo fu anche l’introduttore dell’alfabeto. In questo frangente allora Cassandra potrebbe figurare la fine della tradizione orale per mano della nascita della scrittura (un sapere, comunque, di esclusivo uso maschile).

Apollo, Apollo, dio delle strade
Distruttore mio,
Per la seconda volta a fondo mi hai distrutta.

Eschilo, “Agamennone” vv. 1081-82, traduzione di R. Cantarella.

Cassandra, violentata due volte, divenuta schiava, muore nella lontana Micene per mano di una seconda donna del mito, Clitennestra. Che con la violenza di una guerra che ha ormai distrutto più di una città – ha annientato un intero sistema di valori – uccide prima il marito Agamennone, poi la straniera:

Lui nel bagno cercando vie d’uscita senza scampo,
avvolto in una rete chiusa al collo
da un laccio
esplorerà alla cieca con le mani
gli orli cuciti,
sprofondando nel tino sotto un coperchio caldo
e spruzzerà col suo cervello il tripode e il bacile,
colpito dalla scure ben tagliente
proprio nel centro del cranio.
Io, chiamando a gran voce il mio
signore
lo sposo che non sente,
correrò dietro i suoi passi a volo
con il vento.

Licofrone, “Alessandra” v. 1117- traduzione di V.G. Lanzara.

La nuda, insignificante figura degli eventi

Ho già accennato al fatto che nel testo omerico non si faccia menzione delle capacità profetiche di Cassandra. La donna compare in un solo punto dell’Iliade, ed è per dire ad alta voce ciò che tutti vedono. Non il futuro: la verità delle cose.

Ma Cassandra, bella come Afrodite d’oro,
salita sulla rocca di Pergamo, vide suo padre
ritto sul carro, insieme all’araldo banditore;
vide lui sopra i muli, composto nella bara;
ruppe allora in lamenti e lanciava il grido all’intera città:
“Venite a vedere Ettore, Troiani e Troiane, se mai godevate
di lui quand’era vivo e tornava dalla battaglia,
perché era una grande gioia per la città e per il popolo tutto!”

Omero, “Iliade” XXIV, vv. 421-422. Traduzione di G. Cerri

Cassandra inaugura quindi una lunga e prospera tradizione di giovani donne (vergini?) cui viene affidato il compito di annunciare la realtà.

È questo che per lungo tempo non ho capito: che non tutti potevano vedere quello che vedevo io. Che essi non percepivano la nuda insignificante figura degli eventi.

C. Wolf, “Cassandra”

Una fascinazione quasi perversa, quella maschile per le fanciulle veggenti: il loro potere sulle folle è proporzionale al silenzio cui le loro sorelle sono state costrette. Apollo sputa nella bocca, ma quando Cassandra parla, non può fare a meno di ascoltare cos’abbia da dire. (E se pensate che la nostra epoca sia scevra da queste dinamiche, ricordate una bambina di nome Greta.)

Nel suo capolavoro “Cassandra”, Christa Wolf affronta la questione di petto:

Continuavo a credere che con un po’ di desiderio di verità, con un po’ di coraggio si potesse eliminare ogni malinteso. Chiamare vero ciò che è vero, e falso ciò che vero non è: il minimo, pensavo, ma avrebbe rafforzato la nostra battaglia molto meglio di qualsiasi menzogna o mezza verità.

C. Wolf, “Cassandra”

Un nuovo archetipo femminile: l’irragionevole

Ecuba mi guardò e disse: maledetta guerra. Tacemmo, tutti e tre. È con questo silenzio, imparai, il silenzio dei più, che comincia la protesta.

C. Wolf, “Cassandra”

Cassandra, costretta all’incomunicabilità della propria posizione, abbraccia il silenzio e ne fa resistenza. È il primo passo della sua rivolta contro una società manipolatrice, in cui la lingua è al servizio dell’inganno; e alla verità è tolta la parola. Ma Cassandra non può tacere, non tacerà per sempre. 

Fu questo l’attimo temuto, e tuttavia inatteso. Non ero impreparata, perché fu così difficile? In fretta, con terribile rapidità valutai se fosse possibile che stessero dalla parte della ragione. Che significa dalla parte della ragione. Che di ragione – della ragione di Polissena, della mia ragione – non era il caso di parlare, perché un dovere, quello di uccidere il nostro peggior nemico, aveva ingoiato la ragione. E Polissena? Sarebbe finita male, su questo non c’era da dubitare. Per lei non c’era più speranza.
Allora, Cassandra. È vero che sei una persona ragionevole? Dissi: no.
Non ti dichiari a favore? No.
Ma tacerai? No, dissi.
Angosciata, Ecuba la madre mi strinse il braccio. Sapeva quello che stava per accadere, anch’io. Il re disse: arrestatela.

C. Wolf, “Cassandra”

Vista attraverso gli occhi dei suoi detrattori, Cassandra è l’emblema dell’irrazionalità femminile. Durante le sue visioni profetiche, la sua mania, si contorce in preda alle convulsioni – incarna l’incapacità di adattarsi alla ratio dominante. Ma Cassandra non è irrazionale (nel senso etimologico di “non dotata di ragione”), bensì “irragionevole”, perché decide di opporsi a ciò che riconosce sbagliatoanche se questo rappresenta la norma, e finirà per distruggerla.

TITOLO: Cassandra

AUTRICE: Christa Wolf (Traduzione di Anita Raja)

EDITOREEdizioni e/o

"Cassandra" di Christa Wolf
“Cassandra” di Christa Wolf

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