Analisi: “La casa sul mare celeste” di TJ Klune

“La casa sul mare celeste” è il secondo romanzo tradotto in Italia dellǝ prolificǝ autorǝ queer TJ Klune. Rispetto al precedente “Wolfsong” (edito da Triskell Edizioni), “La casa sul mare celeste” appare senza dubbio un testo più maturo e, sia per tematiche che per stile, può essere preso a paradigma della produzione letteraria di Klune.

Il libro

Linus Baker è un assistente sociale impiegato al Dipartimento della Magia Minorile. Il compito che esegue con scrupolosa professionalità è assicurarsi che i bambini dotati di poteri magici, cresciuti in appositi istituti in modo da proteggere quelli “normali”, siano ben accuditi. La vita di Linus è decisamente tranquilla, per non dire monotona: vive in una casetta solitaria in compagnia di una gatta schiva e dei suoi amati dischi in vinile. Tutto cambia quando, inaspettatamente, viene convocato nell’ufficio della Suprema Dirigenza. È stato scelto per un compito inconsueto e top secret: dovrà recarsi su un’isola remota, Marsyas, e stabilire se l’orfanotrofio diretto da un certo Arthur Parnassus abbia i requisiti per rimanere aperto. Appena mette piede sull’isola, Linus si rende conto che i sei bambini ospitati nella struttura sono molto diversi da tutti quelli di cui ha dovuto occuparsi in passato. Il più enigmatico tra gli abitanti di Marsyas è però Arthur Parnassus, che dietro ai modi affabili nasconde un terribile segreto.

“La casa sul mare celeste”, TJ Klune. Quarta di copertina

Analisi critica di “La casa sul mare celeste”

Come è raccontata la storia

Il romanzo segue le vicende di Linus Baker attraverso narratore esterno con focalizzazione interna. I capitoli sono occasionalmente inframmezzati dai rapporti scritti da Linus per il Dipartimento della Magia Minorile: dal momento che Linus è presentato come una persona professionale e puntuale nel proprio lavoro, analizzare gli avvenimenti dell’orfanotrofio attraverso questo secondo punto di vista (cioè filtrati dalla percezione e dalla preparazione tecnica di Linus) contribuisce a indirizzare le domande di chi legge e a creare tensione.

Dimensione temporale e spaziale

Le vicende del romanzo si snodano nell’arco di poco più di un mese, la durata dell’incarico di Linus presso l’orfanotrofio. Più complesso mettere in relazione il tempo delle vicende al nostro: il livello di tecnologia, la religione e la struttura sociale (l’esistenza stessa di dipartimenti per la tutela dei minori) lasciano supporre che la storia si dipani ai giorni nostri. Tuttavia, l’uso del passato remoto nella narrazione e la presenza normalizzata di un elemento magico suggeriscono che il romanzo sia ambientato in un mondo parallelo, seppur molto vicino al nostro. Il principale fattore di distinzione tra il nostro mondo e quello abitato da Linus è l’esistenza di creature magiche: ancora bambini e bambine, ma già marchiatз dalle proprie caratteristiche di selkie, streghe, sirene, gnomi. La società di cui Linus è un membro attivo non è ospitale per queste creature: rappresentano un pericolo per chi, pur non avendo poteri, detiene in effetti il potere.

Personaggз e rappresentazione

Per quanto ben caratterizzatз e differenti nelle proprie esigenze e capacità di affetto, lз abitanti dell’orfanotrofio non sono il focus della narrazione. La percezione è che esistano per Linus, per esserne amatз e per riamarlo a loro volta. Fin dall’arrivo di Linus sull’isola dove sorge l’edificio, appare chiaro che la sua importanza per gli abitanti trascende quella del suo ruolo: sebbene questo sia evidente a chi legge, Linus ne è del tutto ignaro. La presa di coscienza della propria importanza sarà uno dei passi che Linus dovrà intraprendere nel corso della storia, come parte del suo percorso di trasformazione.

Personaggi come Linus sono una rarità nel panorama del fantasy, ed è innegabile che questo rappresenti uno dei punti di forza del romanzo. Linus è un uomo di mezz’età, gay, un po’ sovrappeso, imprigionato in una vita solitaria e infelice.

Se qualcuno avesse chiesto a Linus Baker se si sentiva solo, lui avrebbe risposto con una smorfia sorpresa. Il pensiero gli era del tutto estraneo, quasi scioccante. E sebbene anche la più piccola delle bugie gli facesse venire l’emicrania e il mal di stomaco, c’era comunque la possibilità che alla domanda avrebbe risposto di no. Ovviamente lo era. Era disperatamente solo. Forse una parte di lui sarebbe persino stata convinta di dire la verità. Ormai da tempo aveva accettato che certe persone, a prescindere da quanto fosse buono il loro cuore o di quanto amore avessero da offrire, erano destinate a rimanere sole. La vita aveva quello in serbo per loro. All’età di ventisette anni, Linus aveva capito di appartenere a quella categoria di persone. Oh, non che si fosse verificato chissà quale traumatico evento. Semplicemente si sentiva… meno luminoso degli altri. Come una lampadina a risparmio energetico in un mondo a mille watt. Nessuno l’avrebbe mai notato.

La profonda insicurezza e il carattere mite che lo isolano dal mondo degli adulti lo rendono tuttavia un compagno gradito allз bambinз, cui Linus dedica la propria vita lavorativa con rigore e abnegazione. La sua certezza di stare agendo secondo giustizia non deriva però da un’intima conversione, quanto dall’applicazione di un manuale normativo.

Forze antagoniste e natura del conflitto

In un contesto come quello appena descritto, sembrerebbe che il conflitto principale debba svilupparsi intorno al trattamento delle creature magiche. Sebbene questo sia certamente uno dei punti cardine della narrazione, sarebbe un errore indentificare nella società la forza antagonista di questa storia. Infatti – e qui sta la grandezza di questo romanzo- l’antagonista altri non è che Linus stesso: egli sabota i propri successi e si oppone al raggiungimento della propria felicità.

Ovviamente la società in cui vive non fa che confermare a Linus quanto già lui intimamente crede: che la propria infelicità sia meritata, quasi un fatto ontologico. Le persone che lo circondano, dai colleghi alla terribile vicina di casa, non fanno che umiliarlo; e Linus non fa che scusarsi per la propria percepita inadeguatezza.

Questo circolo vizioso si interrompe solo nel momento in cui Linus si lascia fisicamente alle spalle la città in cui ha sempre vissuto per raggiungere l’orfanotrofio. Vede il mare per la prima volta, come un prigioniero che sia evaso di prigione: è solo la prima delle numerose “prime volte” che vivrà sull’isola, e che contribuiranno a cambiare la sua percezione di sé stesso.

Arthur lo guardò. «Tu. Tu sei il fattore inaspettato.» 

Linus ricambiò lo sguardo. «Io? Ma perché?» 

«Per via di quello che sei. So che tu non lo vedi, Linus. Ma io vedo abbastanza per tutti e due. Mi fai sentire come un fuoco che mi brucia dentro.» 

Linus proprio non riusciva a credergli. «Ma io sono solo una persona. Sono solo io.» 

«Lo so. E che persona magnifica sei.» 

Non poteva essere vero.

Neppure vedersi attraverso gli occhi di chi lo ama si rivela però sufficiente a strappare Linus alla propria spirale autodistruttiva: il rientro a casa dall’incarico lo rigetta nella sua tormentata infelicità. Al culmine del proprio percorso, Linus sarà perciò chiamato a scegliere tra quella familiare infelicità e il rischio di felicità ignota, e la battaglia finale sarà combattuta nel suo animo, con le armi fornitegli dall’amore e dalla fiducia. Solo una volta risolto questo conflitto di natura interna, egli potrà dare il proprio contributo per quello esterno.

È interessante notare che il percorso di Linus ricalchi gli stilemi di uno degli archi di trasformazione del personaggio meno noti, detto “Journey of integrity”. Sviluppato nel 2019 da N. Ballard come affermazione positiva della capacità degli esseri umani di operare un cambiamento nel mondo che vivono, questo percorso consta di undici atti:

1.         Lǝ protagonistǝ si adopera per realizzare un sogno, un desiderio o un’ambizione.

2.         Durante il viaggio, lǝ protagonista viene a conoscenza di una situazione preoccupante che può o meno coinvolgerne gli obbiettivi.

3.         Lǝ protagonista continua il viaggio, diventando sempre più consapevole del problema.

4.         Il problema genera un impedimento agli obbiettivi dellǝ protagonista, costringendolo a mettere in discussione i propri valori e le proprie priorità.

5.         Lǝ protagonista si convince che è necessario fare qualcosa per risolvere il problema.

6.         Qualcuno tenta di dissuadere lǝ protagonista dall’intervenire.

7.         Lǝ protagonista decide che deve agire nonostante tutto.

8.         Lǝ protagonista agisce in base ai propri valori, diventandone l’emblema.

9.         Non è importante che l’intervento dellǝ protagonista sia risolutivo: il risultato del conflitto non è la misura del suo valore.

10.       Lǝ protagonista torna alla propria vita normale, il mondo potrebbe non essere cambiato. Tuttavia, lǝ protagonista ha affermato la capacità umana di fare del bene.

11.       Coloro che hanno assistito all’azione dellǝ protagonista riflettono sulla natura del mondo e sulla nuova percezione che hanno di esso alla luce dell’accaduto.

Anche se procede in sordina, il journey of integrity ha un grande potenziale rivoluzionario perché, a differenza dei viaggi dell’eroe e dell’eroina, dà voce a una comunità con cui lз personaggiз si interfacciano.

Messaggio

 “La casa sul mare celeste” è una storia di inclusione, e il messaggio che emerge nel testo è appunto di familiarità potenziale, oltre i legami di sangue. Tuttavia, il romanzo è anche, nei fatti, la storia di Linus Baker… E Linus porta avanti un secondo messaggio, a mio avviso meno evidente e racchiuso in queste righe:

«(…) Il punto è che me ne sono andato perché avevo paura di ciò che poteva essere, non di ciò che già c’era. Ma adesso non ho più paura.»

La paura cui fa riferimento Linus non è la paura dell’ignoto contro cui si devono tipicamente battere gli eroi fantasy, quanto piuttosto la paura di prendere le distanze dal sistema in cui fino a quel momento ha fatto parte. Anche se non vi è stato bene, Linus ha comunque goduto di innegabili privilegi durante la sua carriera da assistente sociale: i suoi diritti inalienabili sono stati rispettati, mentre le creature magiche non possono dire lo stesso. Anzi, il lavoro di Linus per il Dipartimento di Magia Minorile ha contribuito all’oppressione dellз bambinз che credeva di aiutare.

Questo aspetto legato al privilegio di Linus avrebbe meritato un maggiore approfondimento nel testo. Al termine del romanzo Linus non ha alcun rimpianto nel lasciarsi la vecchia vita alle spalle; dopotutto, lo aspettano una famiglia amorevole e un’isola che è un piccolo paradiso in terra. Viene perciò da chiedersi se abbia davvero rinunciato a qualcosa per afferrare la propria felicità: l’assenza di un sacrificio percepibile nel suo stile di vita rende un po’ più amaro il suo trionfo.

Conclusioni

“La casa sul mare celeste” è una storia di wish fullfillment nel senso più puro del termine: una storia in cui persone che di rado (se non mai) si sono viste nei panni dell’eroe possono identificarsi, e il cui limpido messaggio è di non avere paura, che è legittimo e giusto scegliere la propria felicità… Che una società che cerchi di negare questo fondamentale diritto di ogni essere umano, ha regole che non valgono la pena di essere seguite; regole che vanno modificate.

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